giovedì 19 dicembre 2013

Cogito ergo es

Ergo Proxy –Shukō Murase
(2006) – Manglobe, Geneon Entertainment
Sono di parte. Reputo questa serie una delle vette massime raggiunte dall’ottima animazione giapponese e, in generale, dal mondo dell’animazione tout-court. Vista due volte a distanza di un paio d’anni, questa serie tiene comunque incollato lo spettatore allo schermo dal primo al ventitreesimo episodio. La prova? Per scrivere questo articolo l’ho rivisto tutto in tre sere consecutive. Ma, si sa, io sono di parte.

Guardiamo un po’ chi sono gli autori. Diretta da Shukō Murase, strano, mai sentito.. e, ah ecco, Dai Sato alla sceneggiatura. Forse il nome non vi dice molto perché è stato messo in ombra dal grande Shinjiro Watanabe, ma il signor Sato è il simpatico tizio che ha sceneggiato: Cowboy Bebop, Ghost in the Shell: Stand Alone Complex, Samurai Champloo, Eureka Seven. Ovvero, alcuni trai i più begli anime di sempre. Diamo il solito sguardo rapido alla trama:
La vicenda parte all’interno della città cupola di Rom-Do, una delle ultime rimaste sul pianeta e uno degli ultimi posti in cui poter trovare esseri umani, in seguito al peggioramento delle condizioni ambientali sulla Terra. Gli uomini, in queste città-culla, vengono seguiti ed aiutati da servitori robotici, chiamati Autoreiv, fino al giorno in cui un virus, il Cogito, comincia a infettare gli  automi facendo sì che questi sviluppino una coscienza individuale e, in alcuni casi, portandoli alla ribellione. Sull’origine di questo virus indagano la scontrosa Re-L Mayer, del dipartimento dell’informazione, cittadina modello e il suo Entourage robotico Iggy. Ben presto Re-L si rende conto che il Cogito non è l’unico problema per Rom-Do. In città ha infatti iniziato a scorrazzare pure una creatura in apparenza bestiale, definita Proxy. Questo pare inoltre avere legami sia con il Cogito, sia con un timido immigrato, giunto dalla cupola di Moscov. Quando Re-L intuisce il collegamento, il Reggente le ordina di interrompere le indagini senza spiegazioni.
Non fatevi scoraggiare dal primo, criptico episodio. Anche se il livello qualitativo è quello di Neon Genesis Evangelion, a differenza di questo si è però scelto di fornire indizi inequivocabili, se non chiare risposte, agli interrogativi che vengono sollevati. Certo, il quadro della situazione viene fornito nell’episodio più folle di tutta la serie, ma è sufficiente non farsi fregare dalla cornice in cui vengono inserite le risposte e, arrivati alla fine, non è possibile restare delusi.
Charachter design, mecha design, animazioni di alto livello e i colori virati al seppia che esaltano le atmosfere cupe al punto da far sì che ogni singolo fotogramma risulti una gioia per gli occhi. Aggiungete anche che la sceneggiatura è caratterizzata da una perfetta alternanza tra momenti introspettivi e d’azione, senza lasciarsi mai andare al riempitivo. Forse solo in un episodio di tutta la serie si avverte questa sensazione, ma il finale ne fa comprendere l’utilità nel quadro generale dell’opera.
Re-L è uno dei personaggi femminili più affascinanti mai creati nel mondo degli anime e viene affiancato da Vincent Law, che risulta completamente schiacciato dalla figura della donna nei primi episodi, ma, con il procedere della serie, riesce ad acquistare maggior peso e carattere. Mi piacerebbe comunque sapere se solo io ci vedo una fortissima somiglianza con lo scarlatto Vincent Valentine di Final Fantasy 7, che si poteva trasformare nel mostro Chaos.
I dialoghi sono ermetici, le parole sono centellinate ed è bene non farsi sfuggire nulla per arrivare a comprendere. Non è un’opera destinata ai disattenti o agli spettatori occasionali. Il mondo creato è così credibile che risulta quasi difficile rintracciare le numerosissime citazioni non esplicitate: all’interno di Rom-do, nei primi episodi abbiamo molti parallelismi con “Il mondo nuovo” di Huxley, la seconda parte dell’anime, invece, pare uscita dalla “Linea d’ombra” di Conrad e ci fa entrare nella testa di un uomo che naviga su un mondo deserto. Questi rimandi alla letteratura non sono casuali, l’episodio 11, ambientato nella vecchia libreria, esterna il grande amore dell’autore per la parola scritta, evidenziando, attraverso la teoria dell’origine del linguaggio di Rousseau, come questa sia un tratto distintivo dell’umanità. “E’ il logos che domina questo mondo” dirà l’oscuro libraio.
Aggiungiamoci, considerando il lato visivo, l’amore per l’arte rinascimentale: le statue dei membri del collettivo che governa Rom-do sono opere di Michelangelo, presenti nella cappelle Medicee a Firenze e i versi che ricorrono dal primo fotogramma del primo episodio, sino all’ultimo e che si possono scorgere spezzettati nei titoli di testa sono una quartina del sopracitato Michelangelo:
"Caro m'è il sonno, e più l'esser di sasso / infin che il danno e la vergogna dura. / Non veder, non sentir m'è gran ventura, / però non mi svegliar, deh, parla basso"
Quanto detto non vi basta? La carne sul fuoco non è ancora abbastanza? Aggiungiamo dell’ottima salsa. Tanto per non farsi mancare niente, hanno utilizzato un adattissimo brano dei Monoral per i titoli di testa (lo trovate in fondo all’articolo) e, niente popò di meno che, Paranoid Android dei Radiohead per i titoli di coda (tratta dal più bell’album del secolo scorso dopo Sgt.Pepper).
In conclusione un’opera visivamente eccezionale, con più piani di lettura, ma comunque (nel suo complesso) comprensibile e godibile grazie ad un’ottima sceneggiatura che permette di comprendere un gioco di incastri in cui nemmeno una parola, o un’immagine, risultano superflue. Poetico nei dialoghi, mi limito a citare un bellissimo: “Se anche le parole che dobbiamo pronunciare fossero interrotte, prima o poi diventeranno le parti di congiunzione necessarie per collegarci con qualcuno” detta da Ergo a Vincent Law durante un lungo flusso di coscienza. Suggestivo e romantico, nella ricerca di una risposta alla domanda: “Cosa vuol dire essere umani?”. A questa domanda non viene fornita una risposta esplicita, si vede solo la formazione di una nuova famiglia composta da tre esseri di razze diverse (umana(?), proxy, robotica) in cui ciascuno dei tre individui potrebbe essere definito umano pur non essendolo per nascita, in un mondo morente e anaffettivo in cui gli ultimi discendenti della razza umana non sembrano più essere in grado di conservare la propria umanità. Penso quindi sei. Capolavoro.